di Massimiliano Censi
Nicola Pochettino è analista finanziario certificato (CFA), ha una laurea in ingegneria nucleare presso il Politecnico di Torino e un master in economia e management dell’energia e dell’ambiente. Originario di Bussoleno (TO) è sposato e ha tre figli. Ha lavorato presso l’Agenzia Internazionale dell’Energia a Parigi e in varie posizioni nel settore finanziario e nell’industria energetica, in Italia e nel Regno Unito. Attualmente lavora presso la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) in Lussemburgo, dove è a capo della Divisione “Impatto dei Progetti”, nel dipartimento di Sostenibilità e Gestione della Qualità. L’intervista esprime opinioni personali ed è stata realizzata grazie alla lunga amicizia di Nicola Pochettino con p. Francesco Occhetta.
Grazie di avere accettato di dialogare con noi, sui temi dell’ambiente e della sostenibilità a partire dalla sua esperienza. Secondo lei, a sei anni dalla pubblicazione dell’Enciclica Laudato si’, come sta cambiando il rapporto tra l’economia e l’ambiente? Studi come la Dasgupta Review, revisione indipendente sull’economia della biodiversità commissionato dal governo britannico, hanno di recente proposto metodi per misurare il valore economico della natura. Può rappresentare una svolta al modello di sviluppo?
«Un problema da sempre presente nell’economia ambientale è quello dei beni comuni globali, come l’atmosfera o gli oceani, che essendo non esclusivi sono sfruttati da tutti per interessi propri, senza garanzia che il beneficiario della risorsa ne sostenga anche i costi. Gli economisti ritengono che questo problema abbia soluzione, almeno teoricamente. Ma il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità presentano un problema nuovo che Mark Carney, allora governatore della Banca d’Inghilterra e attualmente inviato speciale delle Nazioni Unite per l’azione sul clima, in un famoso discorso del 2015 ha definito come la “tragedia dell’orizzonte”. Carney sostiene, infatti, che i principali decisori – la politica, il business o le autorità tecnocratiche come le banche centrali – non siano in grado di trovare una soluzione poiché mancano dell’orizzonte temporale comparabile con quello del problema. È per questo che la Laudato Sì’ contiene un appello alle coscienze personali e dei singoli Stati per la salvaguardia della natura, un invito ad agire subito, senza attendere un futuro che potrebbe non arrivare. Nell’Enciclica il Papa non si limita ad ascoltare gli scienziati su tematiche urgenti, quali ad esempio i cambiamenti climatici, ma ricorda come le nostre economie siano radicate all’interno della natura, nei suoi tempi e ritmi. Lo studio di Sir Dasgupta sull’economia della biodiversità sottolinea come “la nostra sussistenza ed il nostro benessere dipendano dal nostro bene più prezioso: la natura.” Negli ultimi decenni, a livello globale pro capite, il capitale prodotto e quello umano sono cresciuti in misura significativa, a scapito del capitale naturale. Parte dell’umanità ha prosperato ad un costo devastante per la natura, perché la nostra domanda supera di gran lunga la capacità della terra di fornirci i suoi beni e servizi. Il valore della natura per la società non si riflette nei prezzi di mercato. È necessario affrontare urgentemente il problema del degrado naturale per evitare che ricada esclusivamente sulle generazioni future, con costi ampiamente superiori a quelli che si dovrebbero sostenere oggi per prevenirne e mitigarne gli effetti catastrofici. Questa nuova consapevolezza è un importante risultato ed un grande insegnamento di cui tenere conto».
Assieme alla lettera di Papa Francesco, anche le istituzioni si sono mosse con l’obiettivo di cambiare il modo con cui si realizzano gli investimenti: The European Green Deal e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sono tra i programmi più conosciuti e molte aziende private hanno iniziato ad ispirarvisi per innovarsi. Come valuta i risultati raggiunti finora da questi programmi?
«A livello europeo, il piano presentato dalla presidente Von Der Leyen lo scorso anno include diverse misure e strategie sostenibili di investimento che tengono conto in modo concreto dei problemi ambientali e climatici. È un piano articolato che spazia dall’agricoltura ai trasporti, dall’energia verde alla riduzione dell’inquinamento, dove uno dei punti fondamentali è l’assicurare una giusta transizione per tutti. Con questo punto l’Europa ha messo in evidenza un problema fondamentale, ossia che la transizione verso un’economia verde deve essere giusta e non lasciare indietro nessuno. Ciò viene portato avanti anche grazie a strumenti finanziari che possano permettere ai vari stati di smantellare attività industriali contrarie all’ambiente e riconvertirle in attività produttive coerenti con un processo di de-carbonizzazione dell’economia. A livello mondiale, nel 2015 le Nazioni Unite avevano introdotto gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, o SDGs), un insieme interconnesso di 17 propositi e finalità per porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e garantire a tutte le persone di vivere in pace e prosperità entro il 2030. Nel dicembre 2019, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha lanciato un appello globale per un “Decennio di azione” per raggiungere i SDGs in tempo. Questa ambizione positiva ha bisogno di grandi investimenti e di una convergenza d’intenti a livello globale, specialmente mentre il mondo è alle prese con gli effetti della pandemia di COVID-19 e con una serie di trasformazioni politiche, economiche, sociali e demografiche. Se molto si è fatto finora, di certo non possiamo lasciare che le difficoltà odierne mandino in fumo il lavoro di anni. Gli sforzi si stanno moltiplicando ed effettivamente molti investitori pubblici e privati hanno preso consapevolezza del bisogno di una finanza sostenibile, non solo dal punto di vista ambientale ma anche sociale».
Da chimico industriale ho fatto fatica a comprendere i meccanismi della finanza, avvertivo una distanza tra la quotidianità e la teoria economica. Per Papa Francesco la finanza “cattiva” soffoca l’economia reale, per questo non smette di richiamare alla responsabilità affinché diventi più giusta, inclusiva e sostenibile. Come sta cambiando il mondo finanziario con l’introduzione della tassonomia dell’UE?
«Il Papa non sta criticando la scienza e la tecnologia in quanto tali, bensì l’utilizzo che si fa della scienza, della tecnologia e della finanza quando si orientano alla massimizzazione del profitto o del potere. Il pontefice denuncia come non sia servita la lezione della crisi finanziaria mondiale appena passata. La finanza di per sé è una tecnologia utilissima, serve ad esempio per gestire il rischio degli investimenti che fanno crescere le nostre società, ma un’economia basata solo sul profitto è al servizio di pochi e discapito di molti. Orientare la finanza e l’economia verso obiettivi più vicini al bene comune è possibile. A titolo esemplificativo: un aiuto verso questa conversione viene dalla Tassonomia dell’UE, che è un sistema di classificazione per gli investimenti considerati verdi e sostenibili. La Tassonomia – il cui regolamento è già legge – potrebbe svolgere un ruolo importante per aumentare gli investimenti sostenibili in Europa e attuare il Green Deal. É una soluzione unica al mondo per fornire a imprese, investitori e responsabili politici, le definizioni appropriate secondo cui le attività economiche possano essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale, evitando così quelle zone grigie da cui nascono fenomeni come il green washing. Questo è un punto molto importante, poiché l’investitore privato ha bisogno di chiarezza e di regole precise per valutare la reale sostenibilità di un investimento. La finanza privata deve avere obiettivi e definizioni chiare, che aiutino a identificare l’investimento che si vuole perseguire e, specialmente, a reindirizzare gli investimenti dove sono davvero necessari».
Come valutate i progetti che vi sono proposti all’interno delle attività di investimento di cui si occupa la BEI? Quanto conta la sostenibilità ambientale e sociale del progetto all’interno della valutazione?
«La Banca Europea per gli Investimenti è il più grande istituto finanziario multilaterale pubblico al mondo e uno dei maggiori fornitori di finanziamenti per l’azione contro il cambiamento climatico. Da tempo la BEI si è dotata di linee guida, strategie e politiche di investimento che, in linea con gli obiettivi dell’Unione Europea, le permettano di accertare che i progetti finanziati siano davvero sostenibili. Tra altri criteri, il concetto di addizionalità è particolarmente rilevante nell’identificazione di progetti prioritari che ottimizzino l’uso del denaro pubblico a beneficio della società. Il test di addizionalità verifica la qualità e la priorità di un progetto sulla base di tre criteri: quale è il fallimento di mercato che giustifichi l’intervento pubblico nell’investimento? Qual è il progetto che meglio può affrontare il problema identificato? Quali sono i contributi finanziari e di consulenza che possiamo fornire, in aggiunta ad altre fonti? Un istituto di finanza pubblico, come la BEI, ha il dovere di intervenire laddove il sistema di mercato fallisce, cioè quando l’allocazione di beni e servizi, effettuata tramite il libero mercato, è inefficiente ed è quindi possibile aumentare il benessere di alcuni senza ridurre quello degli altri. In aggiunta, il progetto da finanziare deve garantire la crescita del benessere sociale. Per capire è essenziale fare una seria valutazione finanziaria ed economica dei progetti, monetizzando i costi (e i benefici) che normalmente non vengono inclusi nelle spese finanziarie, come per esempio alcuni impatti negativi causati dall’inquinamento delle attività produttive. Se da un lato l’investitore privato ha diritto a una adeguata remunerazione del rischio (un adeguato ritorno finanziario sull’investimento), dall’altro è essenziale che il denaro pubblico garantisca una remunerazione economica e sociale dell’investimento in eccesso, rispetto al puro ritorno finanziario. Questo “eccesso” di valore economico e sociale resta ai cittadini una volta che l’imprenditore ha ricevuto un congruo compenso. La BEI ha la responsabilità di far sì che la sua azione faccia la differenza per la società».
Il Papa parla di decrescita per alcune parti del mondo: delle rinunce sono inevitabili per conservare la natura così come la conosciamo oggi? Quali sono le condizioni per attuare una vera conversione ecologica come richiesto da Papa Francesco?
«Il Papa parla di un’ecologia integrale e sociale per combattere la povertà e per prendersi cura della nostra casa comune. È vero che menziona come dovrebbe esserci una certa decrescita in alcune aree del mondo, ma non credo che fissi la decrescita come obiettivo. Il punto è quello di fare un uso giusto dei beni naturali perché una fruizione eccessiva di alcuni beni in determinate parti del mondo a discapito di altre non può creare nessuna giustizia; non ci potrebbe essere nessuna possibilità di combattere la povertà e prendersi cura della natura perché il mondo sarebbe troppo diviso. La decrescita è, quindi, un invito a chiedersi come stiamo costruendo il capitale prodotto: se lo stiamo costruendo a discapito della natura e della società non funziona, rimarrebbe solo per pochi. All’inizio della lettera, il Pontefice ci chiede di guardare agli effetti di questi cambiamenti naturali e del collegamento che essi hanno con gli aspetti sociali in due direzioni perché è l’uomo che li causa, ma è sempre l’uomo che li subisce e può risolverli. Il messaggio dell’Enciclica è chiaro: i cambiamenti partono da ciascuno di noi, non solo se si opera su grandi scale. La conversione ecologica presuppone il riconoscimento della “terra” come un dono ricevuto dal Padre. Ogni conversione porta al cambiamento di come viviamo, consumiamo, custodiamo e valorizziamo la natura. Occorre fare gli investimenti giusti: per esempio potremmo dedicare gli sforzi dell’innovazione per risolvere i problemi che esistono, piuttosto che per creare nuovi consumi. Da questo processo culturale e spirituale si potrà governare una crescita più sobria, dove condividere meglio i beni. Quando il cuore ha la consapevolezza di avere ricevuto un dono, la responsabilità è quello di custodirlo».
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